mercoledì 17 settembre 2008

Alex Britti al Palasharp di Milano il 17 settembre 2008


Superbo.
Indubbiamente, a mio parere, uno dei più bravi musicisti che ci siano in circolazione.

Pochi come lui suonano la chitarra: ha con lei un rapporto intimo, è parte del suo corpo, non può fare a meno di farla suonare, pizzicando le corde, battendoci sopra, come in un rapporto mistico, come se fosse la sua bocca, anzi forse è il suo modo migliore per comunicare.
Poche parole, ma tante note.

Un abilità tecnica, un velocità di esecuzione, un range stilistico, da rimanere senza fiato, a bocca aperta.

Le sue canzoni (che alcuni ritengono troppo futili, semplicistiche, da ragazzi o senza contenuti di un certo calibro, ma semplicemente perchè queste persone non sono mai andate oltre l'apparenza) in questa versione unplugged riprendono vita vigorosamente, quei testi che proprio attraverso la loro semplicità esprimono anticonformismo, pacifismo, voglia e gioia di vivere, di stare insieme, divertirsi, innamorarsi.

Arrangimenti fantastici, è quella musica che ti prende lentamente, e ti porta via con se lontano, ti rapisce, si rimane incantati da quelle note, sembra di vederle prender vita nell'aria, tutto intorno al palco, le vedi volare intrecciarsi ed arrivare fino a te, poi le senti crescere, sfidarsi in mortali duelli, e i loro scontri li senti nella tua pancia, nella tua testa, nel tuo cuore. I tuoi organi pulsano al loro ritmo.



Un intrecciarsi di generi, jazz, blues, country, poi folk con le molteplici percussioni, i cambi di chitarra per ottenere ogni volta, a seconda della situazione, il sound migliore.
Un grandissimo talendo capace al momento giusto di lasciare i riflettori ai suoi compagni di viaggio, mettendosi in secondo piano, per qualche istante lui dietro le percussioni in fondo al palco, mentre il percussionista in prima fila che guadagna l'ammirazione e gli applausi interminabili del pubblico che intanto si esalta e balla al ritmo del suo tamburo; così quando esce completamente di scena per il giro degli assoli degli strumenti.
A sorpresa c'è stato anche l'itervento di Mario Venuti, suo amico con il quale ha cantato e riarrangiato la sua canzone "Fortuna", così come ha citato il grande Eduardo Bennato nell' "Isola che non c'è".
Non è solo un ottimo session man...non ha solo grandi valori dietro testi apparentemente futili...lui è uno degli esempi di amore per la musica, si fonde con la musica, con il suo strumento.

Vederlo e sentirlo suonare è un piacere incredibile per gli occhi e per l'udito. Le sue mani -che veloci e precise tra un glissando e un accordo, tra movimenti particolari per creare acusticamente effeti come il delayed o vibrazioni per sporcare il suono e sospiri e gemiti- sembrano comandare la chitarra sul da farsi, senza lasciarle alcuna vi di fuga, senza nessuna possibilità di sbagliare.