lunedì 23 giugno 2008

Stefano Bollanni ed Enrico Rava al teatro San Carlo di Napoli il 23 giugno 2008



C'è chi dice che "l'arte" e la "libertà" nascano talvolta dalla limitazione, dal darsi delle regole, delle direttrici, dalla scelta giusta su ciò che bisogna eliminare e non aggiungere...forse questo duetto, il virtuosistico Bollani al piano ed il magico Enrico Rava alla tromba, ne sono la testimonianza concreta. Lo si vede dallo splendido equilibrio che sono riusciti ad istaurare, ognuno al suo posto, ognuno con il proprio dovere da svolgere, ognuno con la propria musicalità, con la propria fantasia.
Inoltre uno spettacolo contornato da grande ironia e senso dell'intrattenimento, non sono mancate le risate, tra un uso burlesco della musica e i loro intermezzi di parlato.
Un concerto forse, all'inizio e almeno per il sottoscritto, non costante nel tenere acceso quel quid che lega l'ascoltatore-spettatore alla creazione; ma dopo i primi minuti di conoscenza e prima interazione tra pubblico e musicisti si è dato il via ad uno spettacolo che ha fatto ben capire le doti tecniche e non solo di due che sono sicuramente tra i musicisti più importanti del panorama musicale italiano.
Enrico Rava sicuramente nelle vesti del tessitore di melodie malinconicamente spensierate, così è la sua tromba. Niente assoli da spezzare i polmoni, ma grande raffinatezza e accuratezza nella scelta dei tempi, una tecnica sopraffina, come un orecchio assoluto, perfetto al millesimo di secondo nell'inserimento nella valanga di note che talvolta fuoriuscivano dal piano dell'amico. Melodie prima delineate (mentre sullo sfondo si sente un pianismo controllato), poi trasfigurate, poi note spezzate: i suoni dell'ottone.
Il compito, quello di Bollani, arduo: tenere a bada migliaia di note che si susseguivano con un ritmo intensissimo. Per la gran parte del concerto un pianismo quasi percussionistico per un uso limitato del pedale di risonanza, anche lui con note spezzate talvolta dal loro rapidissimo susseguirsi, costrette in non ampi intervalli ma che spaziavano su tutte le ottave della tastiera del pianoforte.


Una musica, in generale la loro, da apprezzare per le scelte artistiche proprio per gli immensi colori con i quali i due sono riusciti a dipingere la loro musica, sfruttando tutte le altezze che avevano a disposizione, le varie possibilità di timbro degli strumenti, giocando con le intensità delle note: questo significa un uso consapevole della creazione artistica e forte caratterizzazione.
Addolcendosi leggermente sul finale, allegerendosi da quel tocco quasi sperimentale, sono stati richiamati tre volte dal pubblico sul palco, proponendo in un paio di queste uscite dei pezzi interessantissimi: uno che ha visto, come una sorta di firma al legame istauratosi strada facendo tra pubblico e musicisti, la partecipazione diretta dei presenti che sono andati a formare il terzo strrmento in un vibrante coro; e l'altro proponendo una splendida versione del brano spesso usato come standard jazz "Estate" di Bruno Martino.
Che fantastica coppia!!!
Tecnica, emotività, caratterizzazione, intrattenimento, ricerca...libertà....arte...






mercoledì 18 giugno 2008

Petra Magoni e Ferruccio Spinetti con la loro "Musica nuda" al San Carlo di Napoli il 16-06-08


Da brivido.
All'interno di un contesto regale come quello del teatro San Carlo -forse anche con un certo attrito tra il tipo di concerto che è stato presentato e il genere di spettacoli che vengono rappresentati normalmente nel più prestigioso teatro di Napoli- si è andato a sviluppare un concerto che ha esaltato tutto il pubblico presente, portandolo al termine del concerto a chiedere per ben due volte un ulteriore esibizione musicale del gruppo.
Ma andiamo con ordine. Il gruppo che ha suonato (perchè loro si definiscono gruppo) è costituito da un duo: Petra Magoni e Ferruccio Spinetti, lei voce, lui contrabbasso (musicista degli Avion Travel). Il loro proggetto: "Musica nuda", che portano avanti da tempo.
Ciò che è impressionante è la quantità di cultura musicale che confluisce nella loro musica.
C'è una contaminazione, o meglio una commistione (termine più adatto poichè come dice il pianista Stefano Bollani, marito di Petra Magoni, contaminazione sa tanto di qualcosa di nocivo) di generi, tecniche, periodi storici, partecipazioni artistiche.



Partiamo dal repertorio che hanno presentato: un intrecciarsi di loro brani, inediti anche, pezzi scritti da altri artisti e le loro amatissime cover dei più disparati autori, spaziando da artisti come Lucio Battisti, Fabrizio De Andrè, i Beatles, divertendosi con estrema ironia con brani come il Tuca tuca della Carrà o Non ho l'età di Gigliola Cinquetti, riproponendo addirittura la parte finale di un madrigale di Monteverdi. Tutto questo è il primo tassello che ci fa capire la varietà di uno spettacolo del genere.
Ma una delle cose più interessanti è il modo con cui tutto questo avviene, il loro inconfondibile stile che è una foce di più correnti: si passa dal jazz, alla musica operistica, alla musica classica antica, e musica classica contemporanea, all'ironia e la frizzantezza di artisti come Frank Zappa oppure Elio e le storie tese, a tutto il mondo della musica leggera e della musica d'autore, ad echi di musica orientaleggiante.
La prima scelta audace sta già nel tipo di formazione, cioè voce e contrabbasso, nella quale si prende in eredità tutta una tradizione musicale (come nel jazz per esempio) che concepisce lo strumento contrabbasso così come il basso non solo come creatore di tappeto e di accompagnamento, ma di vero e proprio creatore di melodie e armonie, esaltandolo addirittura a protagonista della scena poichè unico strumento.
Però potremmo arrivare a dire che non sia l'unico strumento sul palco, proprio per il tipo di espressività e di tecnica vocale di Petra Magoni: rappresenta la piena consapevolezza dell'uso della voce come strumento musicale, in lei si riversa un abilità tecnica che le permette di spaziare tra le ottave con altezze più disparate permettendosi anche delle minime variazioni tonali e semitonali. Andando da uno stile da musica operistica ad uno stile jazz, e saccheggiando le sperimentazioni della musica contemporanea.
Quando parliamo di iflussi della musica classica contemporanea, intendiamo la loro concezione di musica a 360 gradi: in un concerto del genere tutto serve per la creazione, vari elementi si intrecciano. C'è un sovrapporsi di musica acustica e musica elettronica con vari effetti audio ben curati come echi, delayed o la difficilissima creazione di un continuum tra effetto elettronico e sonorità acustiche. Un uso ricercatoe consapevole delle luci posizionate accuratamente con la possibilità di indirizzarle nel migliore dei modi così da creare svariati effetti come la proiezione delle ombre dei due artisti, ingigantite sullo sfondo del palco. E poi naturalmente il modo in cui suonavano e cantavano: dalla tradizione jazz prendono l'improvvisazione, oppure già la sperimentazione della personalizzazione di brani già noti, così come l'uso della voce come strumento musicale imitandone a volte anche sonorità altre, come in preda a virtuosismi. Un altra nota fondamentale è la visione cageiana e contemporanea, che eleva a livello di musica vari elementi, come il respiro della Magoni ben cadenzato, il suo battere a ritmo il piede sul palco, un uso anomalo e non canonico dello strumento musicale da parte di Spinetti, suonando a volte il contrabbasso quasi come se fosse una chitarra, a volte come un violoncello, strofinando le corde, sfiorandole solamente, facendole pizzicare anche alla sua compagna di spettacolo, utilizzando tutta la loro estensione, creando musica anche battendo sulla cassa dello strumento, perchè ogni singola parte di cui è composto può creare suoni che formano musica.

Se già normalmente la musica dal vivo è sempre qualcosa di diverso dalla musica registrata, penso che questo sia il caso in cui il divario è ancora superiore: qui ciò che conta è la performance artistica che comprende anche la fisicità dei due personaggi presenti, si può dire -cosa stupenda- di aver visto Petra Magoni relamente e letteralmente impossessata dalla musica.
Così come è forte il carico di ironia e simpatia di questa fantastica coppia, che permette di alleggerire il concerto regalando risate e serenità al pubblico.
Assolutamente da non perdere. un concerto meraviglioso. Poichè secondo me le parole non arrivano a far capire bene di cosa sono capaci offriamo qui un assaggio della loro musica con la speranza di provocare curiosità in modo da spingere chi sta fruendo di tutto questo dio avvicinarsia questo fantastico mondo musicale.




Il cammello ed il dromedario














I will survive





Guarda che luna




Bocca di rosa



mercoledì 4 giugno 2008

Il Divo: l'ultimo film di Paolo Sorrentino



Era atteso con grande fervore l'ultimo lavoro di Paolo Sorrentino sulla vita di Andreotti, come simbolo di un epoca storica della politica (e non solo) italiana. Uscito nelle sale il 28 maggio 2008 e presentato a Cannes dove ha vinto il premio della giuria; grande conquista del cinema italiano insieme al Gran premio della giuria vinto da Gomorra.

Penso sia il caso di iniziare sottolineando alcuni leggeri dubbi, per poi dedicarci a ciò che rende uno splendore questo film.


I dubbi sono nel tessuto narrativo, storicamente parlando ci sono all'interno del film delle situazioni, vengono rappresentati fatti e caratterizzazioni che non sono del tutto testimoniate dalla realtà, vengono citati alcuni accadimenti che non si sa se realmente siano accaduti, anche se però per tutta la durata si è cercato di mantenere stabile le due linee di accusa e di difesa, o meglio di condanna e di assoluzione, comunque il peso della condanna è stato forse preponderante.




Oltre a questo: un grandissimo film. Sorrentino si è letteralemente sbizzarrito a mettere in opera tutto il suo potenziale tecnico, con un estrema coscienza ha diretto il film. La sua presenza si sente nelle scene, e non da fastidio, anzi ci accompagna in modo splendido, affascinante, attraente, eccitante, divertente (artisticamente) nello scorrere dei frames. Rendendo in chiave grottesca la storia politica dell' Italia e in particolare della vita di Giulio Andreotti interpretato magnificamente da Toni Servillo. Scelte precisissime nelle angolature, nelle inclinazioni, nelle inquadrature, nei movimenti di macchina, nella fotografia, nel montaggio: insomma in ogni campo della produzione cinematografica si è cercato di dare il meglio e dare un tocco di arte vera e propria...si è dimostrato, il regista, erede portatore di tutta la storia del cinematografo, in questo film c'è tutto dalle lezioni russe sul montaggio di Kulesov, a Hitchcock, al grottesco di Elio Petri, al cinema di Tarantino, allo splendore del cinema italiano dell'epoca d'oro e tanto altro ancora...
Per non parlare poi delle interpretazioni degli attori: Toni Servillo è sublime, si conferma (ma già lo sapevamo da tempo, sempre grazie a Sorrentino e anche prima) uno degli attori più bravi della scena cinematografica e teatrale italiana. Altra nota, oltre a tutto il cast ovviamente, la devo, forse anche per affetto personale, a Carlo Buccirosso: strabordante, trasforma il suo lato comico al servizio dello sberleffo e della caricatura, una caratterizzazione fatta ad arte nei panni di Cirino Pomicino, si è dimostrato molto di più di un semplice attore comico, dimostrando di poter affrotare anche altri tipi di ruoli.
Altra cosa incredibile del film è stata il trucco: una straordinaria capacità di camuffare gli attori per farli assomigliarre il più possibile ai personaggi reali, è proprio il caso di Buccirosso e Servillo, per altro quest ultimo ci ha dimostrato come ha "truccato" anche la propria personalità, trasformandosi nel fratello segreto di Andreotti: una trasformazione completa, dalla voce e la dizione, al portamento, ai gesti rituali; dimostrando così tutta la sua provenienza teatrale di gran classe.

Il divo insieme a Gomorra sono un forte segnale di ripresa del cinema italiano, per il quale tutta la nostra redazione è affascinata e crede fortemente in un possibile ritorno allo splendore, questi due film ne sono la testimonianza!!!