lunedì 12 maggio 2008

"Io speriamo che me la cavo" al Teatro Nuovo di Milano il 7 maggio 2008

Storia ovviamente inspirata, come anche il titolo suggerisce, all'omonimo film...solo che qui il ragazzo che un tempo scrisse "io speriamo che me la cavo" in un tema, è ora interpretato a teatro da un brillante Maurizio Casagrande, ed è diventato un professore che da Milano viene chiamato per andare ad insegnare per una supplenza dovuta alla morte di un professore, proprio nella scuola di quel piccolo paesino in provincia di Napoli dove anche lui da piccolo aveva studiato, o almeno ci provava.



Qui si imbatterà tra nuove e vecchie consocenze e un pò ricalcando le orme sel suo vecchio professore cercherà di salvare i bambini di Corzano da un futuro già scritto all'insegna della camorra. La tematica della malavita non è nuova e in questi ultimi periodi proprio di camorra e associazioni mafiose attraverso i media e mezzi di informazione ne abbiamo sentito parlare (forse più per moda che per reale coscienza); ora non so se la decisione di creare qualcosa su questa tematica sia un caso o una scelta ricercata.



Qualitativamente oltre a Casagrande non spicca nessun altra interpretazione, lui intanto ha confermato ancora di meritarsi tanto, capace nello stesso momento di essere profondo e di saper divertire.



Le donne del cast forse semplicemente più brave a cantare che a recitare. Si può ragionare anche sulla scelta di inserire parti cantate, nelle quali proprio il nostro amato professore non eccelle. Lo spettacolo non è un musical ma ci sono vari momenti dedicati alla musica e a incerti passi di danza, anche questi non so se per una pura scelta stilistica o per attirare maggiormente il pubblico a teatro, sfruttando un altra moda di adesso dove spettacoli dove fondamentalmente si canta e si balla riempono le sale.



Ma questo spettacolo è molto di più, anzi alcune canzoni sono anche di gran spessore come la riproposizione di "Cu mme" di Gragnaniello cantata in passato dall'impareggiabile Mia Martini e dal saggio Roberto Murolo; altra canzone degna di nota la "Rumba degli scugnizzi".



Decisione difficile, penso, da parte degli autori sull'uso e la quantità del dialetto napoletano, per una questione di comprensione, ma cito una frase che lo stesso Casagrande nelle vesti del protagonista durante l'opera ci lascia: "la poesia si sente con il cuore".



Scenograficamente non troppo estroso o ricercato ma funzionale, due carrelli mobili timidamente hanno permesso cambi di alcune piccole costruzioni di cartapesta o cartongesso.



Le risate non mancano, e si trova piacere nel vedere bambini muoversi sul palco, e proprio perchè tali non si può che parlare bene, anche solo per il fatto di dovere stare lontani di casa giorni e giorni ed ogni sera recitare cercando di non sbagliare.



Non si possono fare confronti con il suo parente cinematografico, ma non solo per la diversità del mezzo usato, ma generalemente parlando, e ponendo ognuna delle due opere nel loro range artistico, si può affermare che il film sia molto più riuscito.

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