lunedì 17 novembre 2008

La classe - Entre les murs


Nel cast del film dovrebbero inserire anche "lo spettatore".

I film non sono mai realtà, alcune volte però si lasciano prendere dal piglo del documentario e cercano di farci apparire le cose più verosimili possibili.

Lo sguardo scopico della macchina da presa è un ospite in più tra i personaggi, come se ci fosse una continua soggettiva, continui cambi di prospettiva, qualche volta ci si ritrova tra professori, alcune volte tra i ragazzi, altre nel mezzo.

Assolutamente lontano da modelli di film sulla didattica come "L'attimo fuggente": qui non abbiamo professori eruditi e diversi che sfornano citazioni e cultura da donare a tanti alunni in divisa, tutti uguali e di buona famiglia (ma anche loro con i problemi che può avere un ragazzo).
Ma uno scorcio sulla scuola francese, ma quella più vera, carnale, difficoltosa, ostica: dove si fondono problemi economici, professori esperti e novelli, tante etinie e razze, una scuola multietnica insomma, dove i ragazzi sono lo specchio dei problemi delle loro famiglie, portano con se nelle aule tutto il peso delle diverse culture a cui appartengono. Ed i professori che fanno? Uno in particolare è il protagonista dello sguardo del cineasta Laurent Cantent, cerca di spronare i ragazzi ad agire, ad condividere spazi, emozioni, cultura e conoscenza tra di loro, ma questo professore è un tipo normale, nessun genio, vederlo agire con questi ragazzi, e vederlo incontrare tanti problemi di relazione con loro, colpisce moltissimo, l'impatto è quello di un auto contro un muro; nessuna rappresentazione idilliaca, drammatica, romantica della scuola e del tentativo di educare i ragazzi. Qui si parla di come vanno vermente le cose all'interno di alcuni tipi di aule francesi, e per sineddoche di tutte le scuole del mondo che condividono certe difficoltà.
Lo sguardo del regista, che poi è il nostro sguardo, ha l'abilità di mostrarsi sempre in maniera differente a seconda della prospettiva dalla quale si pone: certe volte ci ritroviamo dalla parte degli alunni e tutto ciò che abbiamo davanti e un profesore ed una lavagna, e il loro timore, le loro paure, i loro retroscena, le loro diversità si trasformano in un'inquadratura instabile, contorni che ballano, moto perpetuo. Altre volte invece siamo come assistenti del professore, viviamo con lui i tentativi disperati di portare con se i ragazzi, ci sentiamo calunniati insieme a lui quando le sue parole non vengono capite, vengono fraintese, ma il nostro sgurado, il suo, e di tutti quelli che sono dall'altra parte dei piccoli banchi di scuola, adesso è più stabile, e non si ha difronte un solo ragazzino di scuola media, ma un intera "classe". La camera filtra in mezzo a loro, da posizione fissa passa tra i banchi per arrivare ad un volto, per metterlo a fuoco evidenzia o lascia sbiaditi altri volti, altri colori, spalle, schiene: questi sono i ragazzi che ogni giorno troviamo per strada, fatti carne e ossa e spirito, dentro gli edifici che dovrebbero essere della cultura, dove i genitori li mandano per garantirgli un futuro migliore, per non rimandarli dal paese dal quale sono emigrati.
Le figure che si vengono a creare all'interno dell'aula sono tantissime, dal bullo, al nuovo arrivato, alle amiche strette, all'amante dei videogames...e tutto è in bilico tra ciò che vediamo e il non detto, proprio perchè anche nella vita reale non tutto si sa, quando ci mettiamo al fianco del professore non sempre riusciamo a capire cosa succede a quei ragazzini, forse dovremmo dire quasi ancora bambini, siamo appena alla scuola media. Davanti a lui come, a noi, le cose, le relazioni si trasformano, mutano, i comportamenti cambiano, noi ne vediamo solo il risultato, possiamo solo immaginare cosa possa succedere nell'emotività e non sapremo mai se è la verità, la camera si ferma dove finisce la scuola, fisicamente parlando, non supera quelle mura: non a caso il titolo in francese recita "Entre les murs".
E tra quelle mura lo sgurado del cineasta, come personificato in noi, diventa anche un pò vouyer, cerca di capire, di carpire qualcosa da quei ragazzi, osservandoli, scrutandoli nel cortile giocare durante l'intervallo, dietro il vetro di una finestra, ricordando quasi per assurdo lo sguardo di Cronemberg in "History of violence" dietro la finestra di casa mentre il protagonista incontra nel proprio giardino il suo destino.

Così come gli studenti tra quelle mura li sentiamo in bilico, tra un possibile percorso che può portarli al miglioramento, oppure crescendo vederli abbandonati all quell' "ospite inquietante" che è il nichilismo e che proprio ultimamente Umberto Galimberti ci ha presentato in un suo libro parlando dei giovani di oggi!
Sperando che questo film risvegli certi animi, ormai fossilizzati, di coloro che hanno il potere, per far comprendere come tutto il nostro futuro e nelle mani della scuola, tema per altro qui in Italia molto caldo ad oggi. Sono due le cose che possono salvare il mondo: l'amore e la cultura...la scuola dovrebbe dare gli strumenti per la salvezza!








martedì 7 ottobre 2008

Elisa: concerto spettacolo a Milano al datch forum di Assago il 07-10-09

Ancora una conferma della grandezza di quest'artista. Perchè di un artista si tratta. Un gioiello della musica italiana.

Un grandissimo concerto ricco di emozioni e musica, e per la prima volta con la presenza di un corpo di ballo, parte del quale era conposto dalla nazionale italiana di ginnastica ritmica.
Già questo particolare ci può introdurre il discorso dell'accuratezza posta nella preparazione di questo show. Prima di tutto è utile sottolineare come la stessa cantante ha presentato questo concerto: "mechanical dream". A 360° ogni particolare è stato curato: un insieme giochi di luce; curiose coreografie; scenografia complessa e pienamente in tema abilmente creata; una grande parete retata fatta di led che hanno avuto per tutta la serata il compito di proporsi in quanto luci in effetti speciali o come maxi schermo, ovviamente la straordinaria voce di una ragazza/donna forse molto più coraggiosa e espressiva di tantissime altre sue colleghe.

Tutti i suoi grandi successi, tra cui le cover da Mia Martini di "Almeno tu nell'univrerso" e dalle 4 non Blondes di "What's up". Passaggi alternati e ben equilibrati da musica pienamente rock a musica soft: tutto inbevuto come ovatta nell'alcol in abbondante uso dell'elettronica, a parte rari momenti come quello di "what's up" in unplugged.

Momenti fantastici e di grande dimostrazione di abilità tecnica come quando la stessa cantante usando strumenti con le funzioni di una pedaliera per chitarra, ha capionato la propria voce per più volte, mandandola poi in delay, e creando come tipicamente nel rock e nelle sperimentazioni elettroniche, una stratificazione sonora su cui poi si è costruito tutto un pezzo.

Ovviamente la più grande dimostrazione di abilità tecnica la possiamo trovare non nel suo aspetto polistrumentista nei passaggi tra chitarra e pianoforte, non nelle sperimentazioni e i divertimenti elettronici, ma nel più importante e affascinante e spettacolare strumento che c'era sul palco: la sua incredibile voce! Capace di tutto: commuovere, esaltare, coinvolgere, rapire.
Raggiungendo picchi su ottave altissime, sprigionando tutta la sua potenza, ma soprattutto con il massimo controllo.
Sicuramente una delle migliori artiste Italiane!



mercoledì 17 settembre 2008

Alex Britti al Palasharp di Milano il 17 settembre 2008


Superbo.
Indubbiamente, a mio parere, uno dei più bravi musicisti che ci siano in circolazione.

Pochi come lui suonano la chitarra: ha con lei un rapporto intimo, è parte del suo corpo, non può fare a meno di farla suonare, pizzicando le corde, battendoci sopra, come in un rapporto mistico, come se fosse la sua bocca, anzi forse è il suo modo migliore per comunicare.
Poche parole, ma tante note.

Un abilità tecnica, un velocità di esecuzione, un range stilistico, da rimanere senza fiato, a bocca aperta.

Le sue canzoni (che alcuni ritengono troppo futili, semplicistiche, da ragazzi o senza contenuti di un certo calibro, ma semplicemente perchè queste persone non sono mai andate oltre l'apparenza) in questa versione unplugged riprendono vita vigorosamente, quei testi che proprio attraverso la loro semplicità esprimono anticonformismo, pacifismo, voglia e gioia di vivere, di stare insieme, divertirsi, innamorarsi.

Arrangimenti fantastici, è quella musica che ti prende lentamente, e ti porta via con se lontano, ti rapisce, si rimane incantati da quelle note, sembra di vederle prender vita nell'aria, tutto intorno al palco, le vedi volare intrecciarsi ed arrivare fino a te, poi le senti crescere, sfidarsi in mortali duelli, e i loro scontri li senti nella tua pancia, nella tua testa, nel tuo cuore. I tuoi organi pulsano al loro ritmo.



Un intrecciarsi di generi, jazz, blues, country, poi folk con le molteplici percussioni, i cambi di chitarra per ottenere ogni volta, a seconda della situazione, il sound migliore.
Un grandissimo talendo capace al momento giusto di lasciare i riflettori ai suoi compagni di viaggio, mettendosi in secondo piano, per qualche istante lui dietro le percussioni in fondo al palco, mentre il percussionista in prima fila che guadagna l'ammirazione e gli applausi interminabili del pubblico che intanto si esalta e balla al ritmo del suo tamburo; così quando esce completamente di scena per il giro degli assoli degli strumenti.
A sorpresa c'è stato anche l'itervento di Mario Venuti, suo amico con il quale ha cantato e riarrangiato la sua canzone "Fortuna", così come ha citato il grande Eduardo Bennato nell' "Isola che non c'è".
Non è solo un ottimo session man...non ha solo grandi valori dietro testi apparentemente futili...lui è uno degli esempi di amore per la musica, si fonde con la musica, con il suo strumento.

Vederlo e sentirlo suonare è un piacere incredibile per gli occhi e per l'udito. Le sue mani -che veloci e precise tra un glissando e un accordo, tra movimenti particolari per creare acusticamente effeti come il delayed o vibrazioni per sporcare il suono e sospiri e gemiti- sembrano comandare la chitarra sul da farsi, senza lasciarle alcuna vi di fuga, senza nessuna possibilità di sbagliare.





lunedì 23 giugno 2008

Stefano Bollanni ed Enrico Rava al teatro San Carlo di Napoli il 23 giugno 2008



C'è chi dice che "l'arte" e la "libertà" nascano talvolta dalla limitazione, dal darsi delle regole, delle direttrici, dalla scelta giusta su ciò che bisogna eliminare e non aggiungere...forse questo duetto, il virtuosistico Bollani al piano ed il magico Enrico Rava alla tromba, ne sono la testimonianza concreta. Lo si vede dallo splendido equilibrio che sono riusciti ad istaurare, ognuno al suo posto, ognuno con il proprio dovere da svolgere, ognuno con la propria musicalità, con la propria fantasia.
Inoltre uno spettacolo contornato da grande ironia e senso dell'intrattenimento, non sono mancate le risate, tra un uso burlesco della musica e i loro intermezzi di parlato.
Un concerto forse, all'inizio e almeno per il sottoscritto, non costante nel tenere acceso quel quid che lega l'ascoltatore-spettatore alla creazione; ma dopo i primi minuti di conoscenza e prima interazione tra pubblico e musicisti si è dato il via ad uno spettacolo che ha fatto ben capire le doti tecniche e non solo di due che sono sicuramente tra i musicisti più importanti del panorama musicale italiano.
Enrico Rava sicuramente nelle vesti del tessitore di melodie malinconicamente spensierate, così è la sua tromba. Niente assoli da spezzare i polmoni, ma grande raffinatezza e accuratezza nella scelta dei tempi, una tecnica sopraffina, come un orecchio assoluto, perfetto al millesimo di secondo nell'inserimento nella valanga di note che talvolta fuoriuscivano dal piano dell'amico. Melodie prima delineate (mentre sullo sfondo si sente un pianismo controllato), poi trasfigurate, poi note spezzate: i suoni dell'ottone.
Il compito, quello di Bollani, arduo: tenere a bada migliaia di note che si susseguivano con un ritmo intensissimo. Per la gran parte del concerto un pianismo quasi percussionistico per un uso limitato del pedale di risonanza, anche lui con note spezzate talvolta dal loro rapidissimo susseguirsi, costrette in non ampi intervalli ma che spaziavano su tutte le ottave della tastiera del pianoforte.


Una musica, in generale la loro, da apprezzare per le scelte artistiche proprio per gli immensi colori con i quali i due sono riusciti a dipingere la loro musica, sfruttando tutte le altezze che avevano a disposizione, le varie possibilità di timbro degli strumenti, giocando con le intensità delle note: questo significa un uso consapevole della creazione artistica e forte caratterizzazione.
Addolcendosi leggermente sul finale, allegerendosi da quel tocco quasi sperimentale, sono stati richiamati tre volte dal pubblico sul palco, proponendo in un paio di queste uscite dei pezzi interessantissimi: uno che ha visto, come una sorta di firma al legame istauratosi strada facendo tra pubblico e musicisti, la partecipazione diretta dei presenti che sono andati a formare il terzo strrmento in un vibrante coro; e l'altro proponendo una splendida versione del brano spesso usato come standard jazz "Estate" di Bruno Martino.
Che fantastica coppia!!!
Tecnica, emotività, caratterizzazione, intrattenimento, ricerca...libertà....arte...






mercoledì 18 giugno 2008

Petra Magoni e Ferruccio Spinetti con la loro "Musica nuda" al San Carlo di Napoli il 16-06-08


Da brivido.
All'interno di un contesto regale come quello del teatro San Carlo -forse anche con un certo attrito tra il tipo di concerto che è stato presentato e il genere di spettacoli che vengono rappresentati normalmente nel più prestigioso teatro di Napoli- si è andato a sviluppare un concerto che ha esaltato tutto il pubblico presente, portandolo al termine del concerto a chiedere per ben due volte un ulteriore esibizione musicale del gruppo.
Ma andiamo con ordine. Il gruppo che ha suonato (perchè loro si definiscono gruppo) è costituito da un duo: Petra Magoni e Ferruccio Spinetti, lei voce, lui contrabbasso (musicista degli Avion Travel). Il loro proggetto: "Musica nuda", che portano avanti da tempo.
Ciò che è impressionante è la quantità di cultura musicale che confluisce nella loro musica.
C'è una contaminazione, o meglio una commistione (termine più adatto poichè come dice il pianista Stefano Bollani, marito di Petra Magoni, contaminazione sa tanto di qualcosa di nocivo) di generi, tecniche, periodi storici, partecipazioni artistiche.



Partiamo dal repertorio che hanno presentato: un intrecciarsi di loro brani, inediti anche, pezzi scritti da altri artisti e le loro amatissime cover dei più disparati autori, spaziando da artisti come Lucio Battisti, Fabrizio De Andrè, i Beatles, divertendosi con estrema ironia con brani come il Tuca tuca della Carrà o Non ho l'età di Gigliola Cinquetti, riproponendo addirittura la parte finale di un madrigale di Monteverdi. Tutto questo è il primo tassello che ci fa capire la varietà di uno spettacolo del genere.
Ma una delle cose più interessanti è il modo con cui tutto questo avviene, il loro inconfondibile stile che è una foce di più correnti: si passa dal jazz, alla musica operistica, alla musica classica antica, e musica classica contemporanea, all'ironia e la frizzantezza di artisti come Frank Zappa oppure Elio e le storie tese, a tutto il mondo della musica leggera e della musica d'autore, ad echi di musica orientaleggiante.
La prima scelta audace sta già nel tipo di formazione, cioè voce e contrabbasso, nella quale si prende in eredità tutta una tradizione musicale (come nel jazz per esempio) che concepisce lo strumento contrabbasso così come il basso non solo come creatore di tappeto e di accompagnamento, ma di vero e proprio creatore di melodie e armonie, esaltandolo addirittura a protagonista della scena poichè unico strumento.
Però potremmo arrivare a dire che non sia l'unico strumento sul palco, proprio per il tipo di espressività e di tecnica vocale di Petra Magoni: rappresenta la piena consapevolezza dell'uso della voce come strumento musicale, in lei si riversa un abilità tecnica che le permette di spaziare tra le ottave con altezze più disparate permettendosi anche delle minime variazioni tonali e semitonali. Andando da uno stile da musica operistica ad uno stile jazz, e saccheggiando le sperimentazioni della musica contemporanea.
Quando parliamo di iflussi della musica classica contemporanea, intendiamo la loro concezione di musica a 360 gradi: in un concerto del genere tutto serve per la creazione, vari elementi si intrecciano. C'è un sovrapporsi di musica acustica e musica elettronica con vari effetti audio ben curati come echi, delayed o la difficilissima creazione di un continuum tra effetto elettronico e sonorità acustiche. Un uso ricercatoe consapevole delle luci posizionate accuratamente con la possibilità di indirizzarle nel migliore dei modi così da creare svariati effetti come la proiezione delle ombre dei due artisti, ingigantite sullo sfondo del palco. E poi naturalmente il modo in cui suonavano e cantavano: dalla tradizione jazz prendono l'improvvisazione, oppure già la sperimentazione della personalizzazione di brani già noti, così come l'uso della voce come strumento musicale imitandone a volte anche sonorità altre, come in preda a virtuosismi. Un altra nota fondamentale è la visione cageiana e contemporanea, che eleva a livello di musica vari elementi, come il respiro della Magoni ben cadenzato, il suo battere a ritmo il piede sul palco, un uso anomalo e non canonico dello strumento musicale da parte di Spinetti, suonando a volte il contrabbasso quasi come se fosse una chitarra, a volte come un violoncello, strofinando le corde, sfiorandole solamente, facendole pizzicare anche alla sua compagna di spettacolo, utilizzando tutta la loro estensione, creando musica anche battendo sulla cassa dello strumento, perchè ogni singola parte di cui è composto può creare suoni che formano musica.

Se già normalmente la musica dal vivo è sempre qualcosa di diverso dalla musica registrata, penso che questo sia il caso in cui il divario è ancora superiore: qui ciò che conta è la performance artistica che comprende anche la fisicità dei due personaggi presenti, si può dire -cosa stupenda- di aver visto Petra Magoni relamente e letteralmente impossessata dalla musica.
Così come è forte il carico di ironia e simpatia di questa fantastica coppia, che permette di alleggerire il concerto regalando risate e serenità al pubblico.
Assolutamente da non perdere. un concerto meraviglioso. Poichè secondo me le parole non arrivano a far capire bene di cosa sono capaci offriamo qui un assaggio della loro musica con la speranza di provocare curiosità in modo da spingere chi sta fruendo di tutto questo dio avvicinarsia questo fantastico mondo musicale.




Il cammello ed il dromedario














I will survive





Guarda che luna




Bocca di rosa



mercoledì 4 giugno 2008

Il Divo: l'ultimo film di Paolo Sorrentino



Era atteso con grande fervore l'ultimo lavoro di Paolo Sorrentino sulla vita di Andreotti, come simbolo di un epoca storica della politica (e non solo) italiana. Uscito nelle sale il 28 maggio 2008 e presentato a Cannes dove ha vinto il premio della giuria; grande conquista del cinema italiano insieme al Gran premio della giuria vinto da Gomorra.

Penso sia il caso di iniziare sottolineando alcuni leggeri dubbi, per poi dedicarci a ciò che rende uno splendore questo film.


I dubbi sono nel tessuto narrativo, storicamente parlando ci sono all'interno del film delle situazioni, vengono rappresentati fatti e caratterizzazioni che non sono del tutto testimoniate dalla realtà, vengono citati alcuni accadimenti che non si sa se realmente siano accaduti, anche se però per tutta la durata si è cercato di mantenere stabile le due linee di accusa e di difesa, o meglio di condanna e di assoluzione, comunque il peso della condanna è stato forse preponderante.




Oltre a questo: un grandissimo film. Sorrentino si è letteralemente sbizzarrito a mettere in opera tutto il suo potenziale tecnico, con un estrema coscienza ha diretto il film. La sua presenza si sente nelle scene, e non da fastidio, anzi ci accompagna in modo splendido, affascinante, attraente, eccitante, divertente (artisticamente) nello scorrere dei frames. Rendendo in chiave grottesca la storia politica dell' Italia e in particolare della vita di Giulio Andreotti interpretato magnificamente da Toni Servillo. Scelte precisissime nelle angolature, nelle inclinazioni, nelle inquadrature, nei movimenti di macchina, nella fotografia, nel montaggio: insomma in ogni campo della produzione cinematografica si è cercato di dare il meglio e dare un tocco di arte vera e propria...si è dimostrato, il regista, erede portatore di tutta la storia del cinematografo, in questo film c'è tutto dalle lezioni russe sul montaggio di Kulesov, a Hitchcock, al grottesco di Elio Petri, al cinema di Tarantino, allo splendore del cinema italiano dell'epoca d'oro e tanto altro ancora...
Per non parlare poi delle interpretazioni degli attori: Toni Servillo è sublime, si conferma (ma già lo sapevamo da tempo, sempre grazie a Sorrentino e anche prima) uno degli attori più bravi della scena cinematografica e teatrale italiana. Altra nota, oltre a tutto il cast ovviamente, la devo, forse anche per affetto personale, a Carlo Buccirosso: strabordante, trasforma il suo lato comico al servizio dello sberleffo e della caricatura, una caratterizzazione fatta ad arte nei panni di Cirino Pomicino, si è dimostrato molto di più di un semplice attore comico, dimostrando di poter affrotare anche altri tipi di ruoli.
Altra cosa incredibile del film è stata il trucco: una straordinaria capacità di camuffare gli attori per farli assomigliarre il più possibile ai personaggi reali, è proprio il caso di Buccirosso e Servillo, per altro quest ultimo ci ha dimostrato come ha "truccato" anche la propria personalità, trasformandosi nel fratello segreto di Andreotti: una trasformazione completa, dalla voce e la dizione, al portamento, ai gesti rituali; dimostrando così tutta la sua provenienza teatrale di gran classe.

Il divo insieme a Gomorra sono un forte segnale di ripresa del cinema italiano, per il quale tutta la nostra redazione è affascinata e crede fortemente in un possibile ritorno allo splendore, questi due film ne sono la testimonianza!!!






martedì 27 maggio 2008

Sergio Cammariere al teatro Smeraldo di Milano il 27 maggio 2008


Per fortuna che ci sono artisti, perchè di vero artista stiamo parlando, come Sergio Cammariere in Italia.
La sua musica, il suo concerto sapeva tanto di jazz, brani che finalmente non hanno basi povere di arte, passione e cultura della musica, anzi qui la musica in se, senza parole rappresenta una delle fonti e dei fattori di maggior importanza del concerto e dello stile di Sergio Cammariere.
Si rimane incantati dall'abilità tecnica di questo musicista...ma non vanno dimenticati anche i testi ovviamente che sono gran belle poesie, sentite in questa serata di gran fascino cantate e appaludite dal pubblico che ha riempito il teatro Smeraldo quasi con il tutto esaurito.
Un concerto godibilissimo che al suo termine si è meritato oltre alla richiesta scontata del bis, anche una ricca e lunga standing ovation.
Una pecca della serata forse è stato il teatro che per esser sincero non era in grande stato, numeri dietro le poltrone cancellati, posti angusti e stretti, pareti e rivestimenti vecchi e cosumati. All'inizio dello spettacolo il nostro artista sembrava un pò affaticato o non molto concentrato, ma con l'ingranarsi del concerto ci si è levati qualsiasi dubbio e si è putoti osservare e godere una sera divertentissima grazie alla musica.




Cammariere un cantautore che risolleva le sorti della musica italiana, che ci fa sperare si possa tornare ad un periodo di grandi talenti.
E' stato accompagnato in questa sorridente serata, da musicisti molto abili con i propri sturmenti, con precisione, oltre a lui ed il suo piano c'era la presenza di una batteria, di un contrabbasso, delle percussioni, e poi con maggior rguardo per lo splendore delle loro performance vanno citati il violinista e il trombettista.

Questi due ultimi citati hanno arricchito il concerto di virtuosismi che hanno impreziosito il tutto, uniti a quelli splendidi del nostro eroe moderno.
Momento di altissima tensione artistica, e nel quale si è dimostrato ancor di più la bravura degli artisti sul palco, è stato un duetto tra Sergio ed il violinista, fatto però in maniera particolare: i due hanno chiesto al pubblico di fischiettare o intonare qualche melodia inventata lì su due piedi. Da li, da quelle poche note che sono riusciti ad intercettare tra il groviglio che proveniva dalla platea e dalla galleria, hanno creato un mondo: pienamente inquadrati in una tradizione e una cultura jazz, hanno improvvisato un duetto spettacolare, forse uno dei passaggi più emozionanti e ricchi di energia dello spettacolo, dimostrando una capacità e una conoscenza musicale incredibile, perchè ricordiamo che sono partiti da una breve melodia sentita a stento dal pubblico, poi hanno inventato tutto loro, creato qualcosa di nuovo che prima non c'era.




Vale la pena citare quella che lo stesso Cammariere chiama la sua famiglia (di musicisti): Amedeo Ariano alla batteria, Luca Bulgarelli al contrabbasso, Bruno Marcozzi alle percussioni, Olen Cesari al violino e Fabrizio Bosso alla tromba.

Non si può che ringrazioare tutti di questa serata e ovviamente grazie Sergio.

lunedì 26 maggio 2008

Concerto Roberto Cacciapaglia all'Auditorium di Milano il 26 maggio 2008



Una cosa che sono abituato a fare, e consiglio sempre a tutti, è di arrivare sempre abbastanza prima dell'ora d'inizio del concerto o dello spettacolo. Questo per potersi godere la location vuota di tutta la folla, così da poter confrontare questa percezione con il momento in cui la sala si riempe e magicamente sembra ingrandirsi.
Nel caso dell'auditorium penso che il primo impatto con la sala sia olfattivo, poichè tutta rivestita, dal pavimento alle pareti al soffitto, di legni, che emanano quella classica essenza che ricorda il parquet.
Così piano piano osservare i particolari di questa grande sala e la gente che lentamente affluiva per occupare i propri posti.

Già la sistemazione delle casse, dei microfoni fa capire che ci si può aspettare un ottima acustica, ed infatti così è stato.

Le luci si abbassano ed entra il protagonista, Roberto Cacciapaglia, insieme ad una violoncellista giapponese e al responsabile degli effetti elettronici. Infatti il concerto organizzato come presentazione dell'ultimo lavoro discografico del pianista, "Quarto tempo", è stato un intreccio di sonorità del piano, del violoncello ed effetti acustici elettronici.
Una musica completamente avvolgente: la musica come frutto dell'intrecciarsi di questi vari strumenti scendeva in sala per avvolgere completamente il pubblico e dare la sensazione di sollevare tutti da terra e come in un vortice farli roteare per tutta la sala, tutti insieme....una capacità di emozionare incredibile, non una musica sintatticamente complessa, però la bravura sta proprio nel creare qualcosa di molto espressivo con semplicità , utilizzando solo le note utili, senza eccessi...
E' estremamente difficile poter descrivere con le parole quello a cui si è assistito, e sopratttutto tutta la magia che si è ascoltata.
Concerto quasi perfetto, in alcuni punti ha sfiorato la precisione di una registrazione fatta in sala, anche se però ci sono stati dei piccoli errori, minuscole sottigliezze ovviamente, ma accolti nel miglior modo possibile poichè questo è il rischio della diretta.

Una musica, la sua, pienamente inquadrata nel sistema tonale, molto sinuosa, ricca di armonie, melodie ben scandite, note struggenti che sembravano strapparti le emozioni dal corpo, melodie sorprendenti per quanto una persona ci possa ritrovare la propria sensibilità, una musica altamente immaginabile come contenuto extradiegetico in qualche scena di film, come passeggiate malinconiche o rassegnate sotto la pioggia, o in solitudine. Naturalmente con questo non si vuole restringere la fruizione di questa musica come triste, assolutamente, magari data la struttura del ritmo non si può parlare di musica allegra, ma è qualcosa di più comprensivo nella gamma emozionale, e comunque sempre qualcosa di estremamente personale.
Lui un uomo abbastanza pacato, non molto sorridente, ma bastava che metteva le mani sulla tastiera e tutti pendevano da quelle note, si è visto gente completamente rapita da quelle dolci melodie, forse come abbiamo detto prima anche malinconiche....
Al termine dell'esibizione naturalmente lo scroscio di applausi non è mancato, e ha riportato Cacciapaglia per ben due volte ancora sul palco.




domenica 25 maggio 2008

Be kind rewind: il film di Michel Gondry



Un fantastico gioco di semplice creatività.
Un grande omaggio al cinema, al quel cinema che è ancora possibile fare, cinema che si pone come priorità di trasmettere delle idee, delle emozioni, di creare sogni, in maniera personale, artistica e creativa.
Non è un caso che stesso nel film c'è dell'ironia riguardo distribuzione di massa, identificata qui nei grandi videonoleggi che offrono "pochi titoli e tante copie".
La storia parla di un negozio videnoleggio, un pò all'antica, con i film ardinati non per genere ma in ordine alfabetico, con grandi film d'autore, poche copie ma svariati titoli, per altro non ancora convertiti in formato dvd, ma tutti in vhs. Proprio il tipo di supporto dei film presenti nel negozio sarà il loro punto di debolezza, dato che uno dei due protagonisti, magnificamente interpretato da Jack Black, dopo una sfortunata esperienza, causerà la smagnetizzazione dei nastri.
Pur di salvare il negozio (e per altro per reperire i soldi necessari a ristrutturare lo stabile, pena la demolizione e lo sfratto), i due ragazzi decideranno di riinterpretare i film, a modo loro.
Non volglio più dire niente sulla trama, per lasciare tutto il gusto di assaporarlo e divertirsi frame dopo frame.
Gondry è un mago di fantasia e della macchina da presa, fa sentire la sua presenza, tra panoramiche, piani sequenza, jump cut ed effetti visivi particolari. Inoltre grande inventiva per realizzare al meglio questi remake particolari di tutti i film, e non con effetti speciali all'avanguardia, ma nel miglior modo che il nostro amato regista ci può regalare e in cui è abilissimo a manifestare le sue idee. Un pò come abbiamo visto in "L'arte del sogno" scenografie di cartone, travestimenti particolari, grande semplicità e genuinità vengono in aiuto dei nostri due personaggi.




Tra tutti altamente degno di nota un delirante Jack Black, incredibilemnte divertente, espressivo, fantastico...




Il modo migliore per passare una bella serata leggera e spassosa, con la voglia dopo la visione di commentare tra amici le scene del film, l'interpretazione di Black, continuare a farsi due risate, risentir suonare nella mente la bella colonna sonora che si muoveva su stile jazz...




mercoledì 21 maggio 2008

Renato Sellani alla Salumeria della Musica il 21 maggio 2008

Un dolce concerto.


Il concerto era stato presentato come "Renato si racconta", e così è stato....un alternanza tra brani e parole, ogni pezzo è stato presentato da un anedotto, dal racconto di un momento della sua vita, un processo di contestualizzazione che ha visto in una serata scorrere in ordine cronologico la vita di una colonna portante, un artista imprescindibile, uno dei migliori musicisti del pianismo italiano: Renato Sellani.
Una vita ricchissima di collaborazioni importanti, grandi esperienze, grande professionalità.
In sala molti amici del pianista, alcuni dei quali hanno avuto la fortuna di ascoltare brani dedicati a loro, anche in occasione di un compleanno di uno di loro; altri invece hanno calcato il palco in una jam session improvvisa che ha sorpreso tutti. Si sono alternati prima una voce femminile poi una maschile...durante una di queste esibizioni, mentre la cantante proponeva "My funny valentine", il nostor caro Renato ci proponeva una base incredibile, jazz standard che ogni tanto si trasformava in una versione di "Per Elisa" di Beethoven.
Questo uno dei tanti esempi di come questo artista sia capace di soprendere, di deliziare il suo pubblico, non con virtuosismi complessi ma trasmettendo in una maniera dolcissima tutta la sua abilità tecnica, o comunque anche qualcosa di estremamente complicato suonato dalle sue mani preziose appare più facile e avvolgente.

E' stato quasi sempre accommpagnato da un bassista, per altro mancino, un immagine che in se reassume lo scarto tra il jazz e la musica classica per esempio.
Tra cambi di ritmo, sovrapposizioni armoniche di note, creativià, tocco personale, inventiva, finali particolari e ogni volta diversi se pure con uno stile riconoscibilissimo, il concerto è andato avanti in maniera stupenda e gradevolissima, direi anche molto umana: umana come il suo creatore, vicino al suo pubblico, ma nel vero senso della parola, come durante un breve intervallo in cui non ha fatto altro girare tra i tavoli senza privare nessuno di due parole.
Una persona di altri tempi.
Una musica di altri tempi.
Poesia.
Gran classe.


lunedì 19 maggio 2008

Concerto Jazz omaggio ai Beatles al teatro Studio di Milano il 19 maggio 2008




La sala si riempe nella mezz'ora prima dell'ora prevista per l'inizio, quasi tutti i posti vengono occupati, la curiosità è tanta...sul palco solo sedie e strumenti, che ci fanno immaginare una gran bella orchestra.



Lievemente scende il buio, poi luce solo su due chitarre: sono le due chitarre che guideranno il concerto, donandoci le versioni quasi originali delle canzoni, sono le chitarre della memoria, così presentate da colui che ha introdotto la serata, Maurizio Franco.



Un concerto ben organizzato, senza sbavature, apparentemente senza errori, ognuno ha fatto il suo dovere, donando piacere a tutti gli spettatori, stimolati dalla stupenda musica dei Beatles, e affascinati dai mitici arrangiamenti di Marco Gotti, vero compositore per l'occasione, con i suoi bei voli musicali. Voli che penetranti e vivaci hanno trasformato e arricchito alcune delle melodie più famose del mondo...spaziando da ritmi balcanici, latini, swing, jazz stile anni 50.



Penso sia opportuno dare merito a tutta la composizione e alla serata fornendo tutti coloro che hanno contribuito alla creazione di questa piacevolissima serata e il materiale su cui si è lavorato:



OMAGGIO AI BEATLES



Come Together / Michelle / Hey Jude / Girl / And I Love Her / Yesterday / All You Need Is Love / Norwegian Wood / Eleonor Rigby
arrangiamenti originali di Marco Gotti
con la Civica Jazz Band
solisti: Emilio Soana (tromba), Roberto Rossi (trombone), Giulio Visibelli (sassofoni), Mario Rusca (pianoforte), Marco Vaggi (contrabbasso), Tony Arco (batteria)
e gli studenti dei Civici Corsi di Jazz dell’Accademia Internazionale della Musica
solisti ospiti: Sergio Orlandi (tromba), Marco Gotti (sax tenore), Giancarlo Porro (sax baritono)
e con la partecipazione di Roberto Cecchetto e Riccardo Bianchi (chitarre)
direttore Enrico Intra.
Introduzione al concerto a cura di Maurizio Franco.



Una veria goduria tra viaggi nel passato e nel conosciuto, nel nuovo e nella creatività.
Ha colpito particolarmente la batteria che ha avuto un comportamento esemplare, è stata il sunto della frase: la potenza è niente senza controllo. Un uomo dietro quei piatti e quei tamburi che si vedeva trattenuto e che si sarebbe potuto scatenare in qualsiasi momento, ma ha convogliato tutta la sua forza in una tecnica strepitosa, rispettando tempi, ritmi. Come se fosse completamente rapito ed esaltato dalla musica, si univa a lei.
Con questo non si vule sminuire nessuno anzi, una delle cose che più saltava agli occhi e alle orecchie è stata proprio la bravura di ogni singolo elemento dell'orchestra.
Dovrebbero organizzare più volte iniziative come queste.

domenica 18 maggio 2008

La poesia: un regalo che l'uomo fa a se stesso...uno dei modi migliori di cercare e trovare parole...

Non c’è male che possa distruggere l’animo dell’uomo
Noi viviamo, tutto è vita, e l’uomo può vivere tutto
L’amore: la chiave di tutto
Vivere senza amore è morire alla nascita
Ogni giorno si vive e si muore un po’
Non amare è solo una morte lunga una vita

Anonimo

UN DONO

Prendi un sorriso,
regalalo a chi non l’ha mai avuto.
Prendi un raggio di sole,
fallo volare là dove regna la notte.

Scopri una sorgente,
fa bagnare chi vive nel fango.
Prendi una lacrima,
posala sul volto di chi non ha mai pianto.
Prendi il coraggio,
mettilo nell’animo di chi non sa lottare.

Scopri la vita,
raccontala a chi non sa capirla.
Prendi la speranza,
e vivi nella sua luce.

Prendi la bontà,
e donala a chi non sa donare.
Scopri l’amore,
e fallo conoscere al mondo.

Mahtma Gandhi

Il clown (la tristezza del circo)

Non c’è niente di più triste di un clown che finisce il suo spettacolo, che scivola sinuoso dietro le quinte, nel buio trascinando con se anche il suo trucco, il suo sorriso, tutto nel buio insieme alla sua anima, dove il suo volto in metamorfosi è stanco, ora da solo la sua vera essenza viene fuori: fatica frustrazione, pessimismo, angoscia…tutto questo è capace di far sorridere un bambino, a volte anche un adulto…si ritrova nella solitudine…poi anche il suo trucco va via e rimane solo l’uomo, solo le paure, solo la tristezza…come uno di quegli animali addomesticati che dopo lo spettacolo viene rinchiuso nella sua gabbia…come una delle tante esibizioni da circo…

Anonimo

Viaggio

Lo spazio della mia casa è tutti i luoghi che io posso raggiungere, il mio tempo quello per muovermi da un luogo ad un altro, il mio cuore come polvere sparsa al vento, il mondo mi scorre davanti dietro a cornici e vetri…tutto mi accompagna nel mio viaggio, ho sempre avuto il bisogno di avere tutto a disposizione e sempre…

Anonimo

Mi sentivo legato ad un aratro
solido immobile
non un passo avanti
l’angoscia mi pervadeva
lì era bloccato tra le radici steppose
mi contorcevo nel terreno arido
cadevo mi rialzavo
mangiavo la terra
io le radici
le radici io
sporco morente tiravo su le spalle
in cerca della luce
ecco, il suono della campana mi libera
mi alzo scappo
ma i lividi lasciati dai lacci
resteranno con me per sempre

Anonimo

venerdì 16 maggio 2008

Gomorra: il film tratto dall'omonimo libro di Roberto Saviano




Non penso ci sia bisogno di dilungarsi troppo su questo film.

Ognuno di noi dovrebbe fare l'esperienza di andarlo a vedere.

Sconcertante.

Deserti di disperazione...ragazzini e bambini che perdono la loro fanciullezza...assenza dello stato in mondo parallelo comandato dalla camorra con le proprie leggi e le proprie gerarchie...

Paesaggi e inquadrature ricercatissime, ben composte; alternanza tra obbiettivi e messe a fuoco diverse; tra storie diverse ma tutte sconvolgenti; tra luoghi diversi; tra campi stretti, soprattuto nei dialoghi sui volti delle persone (tra espressioni che trasudano paura, menefreghismo, potere, terrore...), e campi lunghi in cui i personaggi si muovono, si perdono, scompaiono, e non osservati dal resto del mondo, in questi deserti disastrati sperimentano la propria rabbia...
Cinque storie parallele fondamentalmente rappresentate in un modo che ti tiene incollato allo schermo, due ore che scivolano via, che non fanno altro che stimolare l'attenzione, la curiosità, che non smettono di soprenderti e soprattuto di sconcertarti : vengono rappresentate vicende che non si immaginerebbero nemmeno potessero succedere, non è un caso che infatti dopo la pubblicazione del libro l'autore è stato dovuto esser messo sotto scorta.
Osservare i volti delle persone che escono dalla sala dopo la proiezione già fa capire tutto.
Da una parte tutta la crisi delle faide dei clan nella zona di secondigliano, scampia, e la 167 nella provincia di napoli...tra voli filmici e sguardi vouyeristici all'interno delle famose vele, a strade devastate dalla delinquenza e dal controllo della malavita, tra uccisioni continue, soldi che girano, alleanze, una vera e propria guerra, dove non si può essere neutrali e come dicono stesso i personaggi nel film o stai da una parte o dall'altra. In questo ambiente si incrociano la storia di un ragazzino la cui scuola è quella della strada, che per vivere porta la spesa a domicilio, ma la sua aspirazione è quella di unirsi alle forze criminali, e la storia di un signore adetto alla distribuzione dei soldi alle famiglie affiliate al clan, in bilico tra gli scontri interni, costretto a rischiare più volte la vita.
Nono troppo lontano, ma in altre terre, dove si sente un dialetto con cadenze nettamente diverse, si sviluppa la storia di due ragazzini, "due moccosi", che non vogliono stare sotto a nessuno che decidono di fare tutto per conto loro senza tener conto del clan, anzi sfidandolo più volte, ingagiando un'altra guerra. Siamo nella zona di Caserta e dintorni, Aversa, Casal di principe...ma qui non ci sono scissioni o faide interne, i due non creano forze alternative, devono fare i conti semplicemente con chi controlla il territorio, e la loro fine è immaginabile.
Il montaggio alternato ci catapulta anche nella terza storia, quella di un sarto che da sempre (ormai grande ma sfruttato da quando era ragazzino dal suo presunto socio e capo) si occupa di riprodurre nel migliore dei modi i capi griffati i cui modelli stesso dalle griffe vengono venduti, quest'uomo ora per portare qualcosa in più di soldi a casa inizierà un attività segreta di insegnamento di sartoria ai diretti concorrenti della produzione dei falsi: i cinesi. La cosa non dura molto, viene scoperta...e la camorra non può permettersi che uno di loro favoreggi la concorrenza.
Ultima quella di un imprenditore che gestisce lo smaltimento di rifiuti, una storia tristissima, un uomo che pur di fare soldi uccide i propri compaesani inquinando le loro terre, illudendo di potergli far guadagnare qualcosa di soldi per andare avanti pagandogli le cave e i terreni dove scaricare. Scaricare rifiuti per altro che vengono da tutte le parti d'Italia, dove c'è un buco in campania dove poterci mettere qualcosa, e farlo sembrare legale, lui lo riempe, nel ruolo di questo imprenditore lo strepitoso Toni Servillo.
Ma dobbiamo essere sinceri e completi dando merito a tutti, tutti bravissimi attori, compresi i bambini e i ragazzini, una recitazione che colpisce molto, e poi ottima scelta l'uso del dialetto sottotitolato, non sarebbe stato possibile immaginarla differentemente questa storia, dando così un gran tocco di realismo.



In questo groviglio tra violenza, morte, economie illecite, interessi, si vede uno spiraglio quasi invisibile ma presente: il collaboratore del personaggio interpretato da Servillo, un giovane ragazzo, decide dopo un climax ascendente di situazioni assurde, che manifestano mancanza di rispetto per la propria terra, per la legalità e soprattutto per la vita (perchè anche quell'imprenditore è un assassino), a cui deve assistere, decide di abbandonare la collaborzione, decide di rimanere pulito e afferma: "...io sono diverso...".


Per un napoletano o un campano ha un effetto molto particolare vedere questo film, indescrivibile...usando un espressione tipica delle nostre terre, venendo a conoscenza di questi fatti: ci piange il cuore...









giovedì 15 maggio 2008

Prossimi eventi consigliati

Concerto EUGENIO BENNATO 17 maggio 2008 allo Spazio OltreCaffè di Milano

Concerto: LUCA JURMAN Sunday Night Live 18 e 25 maggio 2008 al Bluenote di Milano

Concerto PAOLO CONTE 19 maggio 2008 al teatro degli Arcimboldi di Milano

Cocerto JAZZ omaggio ai BEATLES 19 maggio al teatro Piccolo di Milano

Concerto di piano solo RENATO SELLANI 21 maggio 2008 alla Salumeria della musica di Milano

Concerto LA MUSICA VOCALE DA CAMERA DI DEBUSSY E RAVEL Sabrina Pecchenino contralto, Diego Mingolla pianoforte 23 maggio 2008 al Centro Asteria di Milano

Concerto: An Evening with OTTMAR LIEBERT: Solo Guitar dal 21 al 24 maggio 2008 al Bluenote di Milano

Spettacolo Teatrale "DE' ROCKY HORROR PICTURE SHOW" presentato da "Il Nido del Cuculo" 21 maggio 2008 al teatro Ciak di Milano

Concerto ROBERTO CACCIAPAGLIA il 26 maggio 2008 all'Auditorium di Milano, Largo Gustav Mahler

Concerto EL ALMA DEL TANGO il 27 maggio 2008 all'Auditorium di Milano, Largo Gustav Mahler

Concerto SERGIO CAMMARIERE 27 maggio 2008 al teatro Ventaglio Smeraldo di Milano

Concerto MARIO BIONDI & DUKE ORCHESTRA 29 maggio 2008 al teatro degli Arcimboldi

Spettacolo Teatrale di BIAGIO IZZO: Il re di New York dal 13 maggio al 1 giugno 2008 al teatro Nuovo di Milano


lunedì 12 maggio 2008

Concerto di The Niro al Rising Mutiny di Napoli il 9 maggio 2008



Voce soffusa, lenta su giri armonici di chitarra classica, giusto qualche nota dal bassista come tappeto, l'altra chitarra ferma in attesa, e la batteria pronta a scatenarsi e fare il suo dovere...


Come un sottomarino che riemerge dall'acqua tutta questa delicata formazione si trasforma in altro, scoppia: l'altro chitarrista tra un cambio e un altro di chitarra ingagia un rapposrto mistico con il suo strumento, il batterista si scatena come impossessato, il basso balla sulle sue note, sul suo tappeto pregiato. La voce di The Niro, alias Davide Combusti romano di 29 anni, scoppia e si esalta come una bomba e sale fino in cielo come il fungo di fumo creato dall'esplosione, ma non ci sono effetti negativi, ma solo immenso piacere per chi lo ascolta dal vivo essere sue vittime.


Questo ragazzo ha moltissimo talento, tecnicamente preparato, con una voce che spazia da ottave bassissime, a tratti cavernicole, fino a grandi altezze ed il falsetto.


Un bellissimo concerto rock, niente cover, lui è un cantautore, pluristrumentista, in questa serata particolare concentrato solo con la sua chitarra classica elettrificata e amplificata.
Per la seconda volta ospite del Mutiny registra anche in questa serata grande affetto del pubblico che numeroso lo ha accolto a Napoli, in un locale pieno di gente pronta ad applaudire e lasciarsi trasportare.


Con alle spalle una trasferta statunitense, un'apertura chitarra e voce di una data romana del tour dei Deep Purple (dove per altro è riuscito a tenere a bada tutta la folla), l'incisione del suo primo album, ed anche contattato da Chris Hufford, manager dei Radiohead, per partecipare a un progetto da lui prodotto; in questa serata si porta dietro tutta la sua esperienza anche se giovane.



"Io speriamo che me la cavo" al Teatro Nuovo di Milano il 7 maggio 2008

Storia ovviamente inspirata, come anche il titolo suggerisce, all'omonimo film...solo che qui il ragazzo che un tempo scrisse "io speriamo che me la cavo" in un tema, è ora interpretato a teatro da un brillante Maurizio Casagrande, ed è diventato un professore che da Milano viene chiamato per andare ad insegnare per una supplenza dovuta alla morte di un professore, proprio nella scuola di quel piccolo paesino in provincia di Napoli dove anche lui da piccolo aveva studiato, o almeno ci provava.



Qui si imbatterà tra nuove e vecchie consocenze e un pò ricalcando le orme sel suo vecchio professore cercherà di salvare i bambini di Corzano da un futuro già scritto all'insegna della camorra. La tematica della malavita non è nuova e in questi ultimi periodi proprio di camorra e associazioni mafiose attraverso i media e mezzi di informazione ne abbiamo sentito parlare (forse più per moda che per reale coscienza); ora non so se la decisione di creare qualcosa su questa tematica sia un caso o una scelta ricercata.



Qualitativamente oltre a Casagrande non spicca nessun altra interpretazione, lui intanto ha confermato ancora di meritarsi tanto, capace nello stesso momento di essere profondo e di saper divertire.



Le donne del cast forse semplicemente più brave a cantare che a recitare. Si può ragionare anche sulla scelta di inserire parti cantate, nelle quali proprio il nostro amato professore non eccelle. Lo spettacolo non è un musical ma ci sono vari momenti dedicati alla musica e a incerti passi di danza, anche questi non so se per una pura scelta stilistica o per attirare maggiormente il pubblico a teatro, sfruttando un altra moda di adesso dove spettacoli dove fondamentalmente si canta e si balla riempono le sale.



Ma questo spettacolo è molto di più, anzi alcune canzoni sono anche di gran spessore come la riproposizione di "Cu mme" di Gragnaniello cantata in passato dall'impareggiabile Mia Martini e dal saggio Roberto Murolo; altra canzone degna di nota la "Rumba degli scugnizzi".



Decisione difficile, penso, da parte degli autori sull'uso e la quantità del dialetto napoletano, per una questione di comprensione, ma cito una frase che lo stesso Casagrande nelle vesti del protagonista durante l'opera ci lascia: "la poesia si sente con il cuore".



Scenograficamente non troppo estroso o ricercato ma funzionale, due carrelli mobili timidamente hanno permesso cambi di alcune piccole costruzioni di cartapesta o cartongesso.



Le risate non mancano, e si trova piacere nel vedere bambini muoversi sul palco, e proprio perchè tali non si può che parlare bene, anche solo per il fatto di dovere stare lontani di casa giorni e giorni ed ogni sera recitare cercando di non sbagliare.



Non si possono fare confronti con il suo parente cinematografico, ma non solo per la diversità del mezzo usato, ma generalemente parlando, e ponendo ognuna delle due opere nel loro range artistico, si può affermare che il film sia molto più riuscito.

Concerto Neri per caso al Bluenote di Milano 18 aprile 2008

Assistere ad un loro concerto è uno dei modi migliori per essere soddisfatti di una grandissima serarta spesa nel migliore dei modi.

Concerto, al limite di uno spettacolo di intrattenimento, di gran qualità, divertente e frizzante...

I Neri per caso hanno portato tutta la loro solarità...dopo un periodo di assenza dalla scena italiana (dovuta per altro ad un periodo di turnè all'estero come nell'america del sud) tornano con un nuovo album "Angoli diversi", tutto realizzato con cover, in collaborazione con gli autori delle canzoni inserite nel lavoro: il modo di presentarcele ovviamente sempre lo stesso, il loro, a cappella.



Invitati da Nick the nightfly ad esibirsi al Bluenote durante una sua trasmissione su radio monte carlo, hanno dato vita ad uno spettacolo che aveva più valore del prezzo del biglietto.

Primo dato di fatto è il netto miglioramento tecnico del gruppo; con una minuziosità sui particolari acustici, su un coordinamento, e una gestione degli effetti sonori, incredibili, da rimanere a bocca aperta.

Le loro voci pulite e squillanti, o meglio il loro coordinarsi insieme, ci hanno deliziato con un repertorio di cover di gran classe: da Bob Marley a Sting, da George Gershwin a The Housemartins, senza dimenticarsi di artisti nostrani molto vicino alle loro orgini come Pino Daniele, Neffa (il cui brano proposto, "Prima di andare via" fa parte anche del loro ultimo album). Dall' ultimo album hanno anche proposto un pezzo energetico e penetrante dei Doobie brothers che è "What a fool believes" accompagnati da Nick the nightfly che ha preso le veci di Mario Biondi presente nel disco.

Anche ottimi intrattenitori capaci di generare tantissime risate e rendere partecipi il pubblico intero come nel ritornello del brano "Centro di gravità permanente".

Ospite a sorpresa quella sera, Mango con cui hanno cantato "Bella d'estate", altro estratto dal loro ultimo lavoro. E' stata una performance breve ma intensa che ci ha regalato piacere per le orecchie e per gli occhi. Mango si conferma un grande artista, con il quale per altro i Neri per caso hanno dimostrato avere molto feeling forse anche dato alle loro origini territoriali abbastanza vicine (zona di Salerno e provincia).




Da sottolineare il tutto esaurito del locale sia al primo che al secondo spettacolo, nonostante la pioggia che bagnava Milano...naturalmente il locale in se ha aggiunto un valore in più di fascino alla serata che per concludere posso definire piacevolissima e deliziosa, ristoratrice dell'anima: ritrovarsi in un luogo affascinante e godersi sei ragazzi capaci di stupire tutti, farli emozionare, divertire, essere così catturati dalle loro capacità tecniche e organizzative. Ogni suono rispettava il suo tempo , il suo secondo, il suo millesimo, un lavoro artificioso che si traduceva ed arrivava al pubblico come pura musica.

Questo significa farla e farla bene!!!